domenica 24 marzo 2024

In un mare senza blu (F. P. Oreste)

 

Sono tre ragazzini nati e cresciuti nella Napoli dei vicoli, quella degli emarginati, dei diversi, di quelli con una vita difficile ed un futuro incerto davanti agli occhi. Sono quelli che devono lottare con le unghie e con i denti per sopravvivere, giorno dopo giorno.

Mario. Ciro. Michele.

Per Mario il destino ha in serbo una grande sorpresa. Inaspettata. Dolorosa. Definitiva.

E gli altri due, pure, devono fare i conti con una realtà dura, che non fa sconti, che chiede loro di fare delle scelte troppo grandi per la loro giovane età.

Eppure, Ciro e    le loro scelte le fanno, eccome. Non senza dolore, non senza lasciarsi alle spalle quei ragazzini che sono stati giusto poco tempo fa e che, lo sanno bene, non saranno più. E se Michele sembra fare le sue scelte con maggiore consapevolezza e maggiore distacco dai sentimenti, per Ciro il dolore arriva a bussare alla porta con foga e con colpi sempre più intensi.

La storia dei tre ragazzini di Vico Stella, ribattezzato – a motivo – Vicolo Nero, è una di quelle che si insinuano sottopelle per non andarsene più. Quei ragazzini appaiono con chiarezza davanti agli occhi del lettore - Michele con la sua mezza faccia, Ciro con i suoi riccioli e i suoi bei lineamenti – che resta con un certo retrogusto amaro in bocca una pagina dopo l’altra per arrivare ad un finale che tenta a rimettere in sesto le cose. Per quanto possibile.

È una storia dura, difficile, la loro, raccontata in modo rude, diretto, efficace. Perché certe storie non possono essere rese se non in questo modo. È una storia dolorosa. In qualunque modo vada a finire. Perché è il percorso che porta alla fine ad essere tale. È una storia dolorosa per tutti ma nella quale non manca quella tenerezza e quell’intensità che sono proprie di una grande amicizia. Un’amicizia che sopravvive agli eventi e si trasforma, cresce, matura e resta comunque qualche cosa di grande. Anche in mezzo a tante brutture, a tanto dolore.

Ci può essere redenzione in una storia così? Si può raggiungere la pace, vivere in pace? Con gli altri e, soprattutto, con sé stessi?

Lo stile dell’autore è scorrevole ma non scontato. In alcuni passaggi sembra di assistere ad un botta e risposta tra pensieri, tra congetture, tra considerazioni e nulla stona, nell’insieme.

Molto efficaci le descrizioni dei meccanismi che regolano la vita del Vicolo.

Efficaci e dolorose anch’esse.

Profondamente, e tristemente, reali.
***
In un mare senza blu
Francesco Paolo Oreste
iDobloni
pag. 224
14.90 copertina flessibile

venerdì 22 marzo 2024

Cuore nero (S. Avallone)

Silvia Avallone è un'autrice che mi piace.

Mi piace lei come persona - ho avuto occasione di conoscerla ad una recente edizione del Festival del Libro che è si è svolta nella mia città - e mi piace il suo stile.
Mi piace la sua scrittura intensa e coinvolgente.
Mi piacciono i personaggi che, fino ad ora, ho avuto modo di conoscere grazie a lei.
Aspettavo l'uscita di questo suo ultimo libro e le aspettative, per quanto mi riguarda, non sono state deluse.
Silvia torna a raccontare storie che arrivano quasi come delle unghie su una lavagna. Storie difficili, dolorose, che impongono un momento di riflessione importante. 
 
La grande protagonista è la fuga. Ma lo è anche la voglia di ricominciare.
Lo è per Emilia: poco più che trentenne, viene da un passato difficile e porta il peso di una colpa troppo grande per quella ragazzina che era 15 anni prima. Sceglie un luogo in cui spera di non essere additata come quella di quindici anni prima.
Ma lo è anche per Bruno anche se la sua è una fuga diversa. Per lui la voglia di ricominciare a vivere, non più a sopravvivere, torna in concomitanza con l'arrivo di lei, con quelle imposte che si spalancano, con quella musica che rimbalza da un muro all'altro, da un vicolo (vuoto) all'altro.
 
Le loro storie sono segnate da grandi tragedie che hanno lasciato dei segni profondi. Lei, in particolare, porta stampata nell'anima un grande colpa: ha pagato, per quella colpa... ma è davvero libera dal retaggio di ciò che inevitabilmente resta?
 
E dove arrivano l'accettazione, il perdono, la comprensione, la classica seconda possibilità?
Ci sono colpe che proprio non possono essere accettate? Il tempo cura tutte le ferite?
Mi sono interrogata attorno a tutto ciò. E, onestamente, non sono riuscita a darmi una risposta. Non sono riuscita a vestire i panni nè di lei nè di lui. Ho preferito restarne fuori, come osservatrice. Ma questo non vuol dire che questa storia non mi abbia toccata nel profondo.
 
Il personaggio di Emilia (così come la sua storia, che resta misteriosa per gran parte del libro) domina su tutto: un personaggio ruvido, una ragazza che si è chiusa dentro una corazza che si è ispessita giorno dopo giorno, in un passato che è lontano ma allunga ancora le sue ombre su di lei.
Quel modo di esprimersi così graffiante, così poco femminile... arriva inevitabilmente dal suo passato. Ma, allo stesso tempo, quella fragilità che traspare in lei, nella sua difficoltà a dormire in un luogo silenzioso, nel suo difendersi da quel passato a tutti i costi... ne fa un personaggio che non si può non amare. O, per lo meno, che non si può non tentare di comprendere. Perchè, come nella vita, anche nel rapporto tra lettore e personaggio di un libro scattano dei meccanismi che possono essere di immediato feeling o, al contrario, di incompatibilità assoluta.
Però, se lo si vuole, si può cercare anche un punto di equilibrio che non sia così estremo, nè in un senso nè in un altro.

Questo è quello che è capitato a me con la lettura di questo libro. Ho cercato l'equilibrio giusto per non essere eccessivamente giudicante o, al contrario, buonista.
 
Si tratta di una storia potente. Si tratta della conferma di quanto la penna di Silvia Avallone non sia banale. Tutt'altro.
Oltre a Bruno, che pure ha una storia importante da raccontare, un suo vissuto, un suo presente, ci sono altri personaggi che vengono resi in modo efficace: Marta, che ha condiviso con Emilia un percorso importante della vita, Basilio che pure ha qualche cosa da raccontare... ed anche altri personaggi minori come il padre di Emilia o la sorella di Bruno. Tutte tessere necessarie per costruire il grande puzzle che è la storia di Emilia e che potrebbe essere quella di tante altre Emilia, in questo mondo.
 
E poi il padre di Emilia: è il personaggio che ho sentito più di tutti gli altri, in assoluto. Più di lei, che è la protagonista della storia. Mi sono sentita molto vicina a quel padre e l'ho ammirato per il suo modo di essere, di fare... di sentire.
Gran bel libro. Lo consiglio.
***
Cuore nero
Silvia Avallone
Rizzoli editore
368 pagine
20.00 euro copertina flessibile, 10.99 Kindle, 2.95 audiolibro

mercoledì 20 marzo 2024

Assenza da giustificare (A. Acciai)

 

Assenza da giustificare è il libro di esordio di un’autrice che mi ha piacevolmente colpita. 

Si tratta della prima indagine (per cui ci si aspetta che ne arriveranno altre da quello che è destinato a diventare un personaggio seriale) di Alina Mari

Cresciuta in un orfanotrofio, Alina vive in un camper senza legami – così come è stata abituata a crescere – al di fuori di quello con Tito, suo compagno di sventura in orfanotrofio ed ora il suo più grande amico.

Alina vive in un camper, fa quotidianamente i conti con un passato che sembra sempre pronto a chiedere il conto e con il ricordo di Adriano, quel poliziotto che – finito in carcere – l’ha presa sotto la sua ala protettrice ma che ora, per causa di forza maggiore, è lontano. È ciò che più si avvicina, per lei, all’idea di quel padre che non ha mai avuto e il suo ricordo è vivo e pulsante, ogni giorno di più.

Alina ha una personalità spigolosa, piuttosto complessa. Non si cura molto di dover mangiare, tanto per iniziare (sarà forse un retaggio della sua vita passata in orfanotrofio?) e non sopporta essere toccata (…che non sia lo stesso?) per cui desidera avere un figlio ma non un rapporto sessuale con un uomo. Nessun rapporto fisico con un uomo, a dire il vero, che sia anche solo un bacio o un abbraccio. Eppure quel figlio lo desidera…

È in questa fase della sua vita che arriva, per lei, la prima indagine importante: una donna è stata trovata morta all’interno di un parco. Il suo cadavere ha un segno particolare: un dito amputato. Ed anche un cane, il suo fedele Dirac, a sorvegliarlo. Elena Cantini, questo era il suo nome, era una donna di 50 anni, insegnante di mestiere, vita tranquilla e nessuna frequentazione strana. In questa esistenza tranquilla Alina si trova ad indagare per cercare di venire a capo del caso.

Un giallo ben costruito e una storia declinata al femminile.  

Un giallo classico, dove a indagare è una ispettrice di polizia, complessata, ma piena di voglia di vivere e di superare tutte le sofferenze. Dotata di un fiuto eccezionale, Alina è il personaggio cardine di un romanzo di genere, a cui si affeziona immediatamente, e riscuote consensi per la sua sensibilità rara nel trattare con le persone e per il suo intuito importante.
Ne consegue una lettura intrigante e divertente, per gli amanti del genere giallo. Non solo: il romanzo poggia i suoi pilastri in un linguaggio preciso e fluido, in una trama ben congegnata, e nella trattazione precisa dei personaggi e delle caratteristiche che li distinguono. 

Buona lettura.
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Assenza da giustificare
Alessandra Acciai
Piemme editore
384 pagine
19.90 copertina flessibile, 10,99 Kindle

venerdì 15 marzo 2024

La malnata (B. Salvioni)

  

È un romanzo carico di suggestioni quello che ho avuto tra le mani nei giorni scorsi. 

Già catalizzante a partire dalla copertina, la storia raccontata è di quelle che non si dimenticano. Una storia di amicizia, di superstizione, di violenza, di legami, di riscatto. Una storia di donne, così l’ho letta.

Siamo a Monza nel marzo del 1936. Francesca è una ragazzina di 12 anni. Maddalena è, per tutti, la Malnata. Storta, come il suo caschetto nero. Storta ma non fisicamente per chissà quale menomazione. No, è storta perché porta male, dicono. Ha il potere di fare del male, dicono. È bene starle alla larga, dicono. Ha il segno del bacio del diavolo sul volto: una macchia rossa che non solo lei non nasconde ma che mostra con orgoglio. Le due ragazzine si incontrano e si riconoscono. Sono due anime affini anche se nessuno penserebbe mai che possa essere così. La Malnata non ha paura di niente e di nessuno. Francesca, invece, sta sempre al suo posto con quel timore reverenziale che la porta ad abbassare la testa anche quando il suo cuore le dice di fare tutt’altro. Il loro incontro rappresenta una svolta per entrambe.

Francesca guarda da lontano la Malnata e i suoi due compagni d’avventura, due ragazzini con i quali lei, Maddalena, si sente alla pari. Con i quali è complice e dei quali, a ben guardare, se non si può dire che sia il capo si può certo dire che sia il collante che li tiene uniti nella buona e nella cattiva sorte. Nel momento in cui Francesca entra nel gruppetto, per lei qualche cosa cambia. In meglio, secondo il suo punto di vista. In peggio secondo il punto di vista di tutti gli altri, familiari in testa.

Quella delle due ragazzine è un’amicizia profonda, un rapporto che si consolida di giorno in giorno passando anche per delle brusche cadute. 

Siamo nel periodo della guerra in Abissinia e le vicende ad essa collegate hanno un ruolo importante nello sviluppo della storia. Ma ancora di più hanno un ruolo importante i legami, le storture di un rapporto all’inizio immaturo ma via via più consapevole tra le due ragazzine. È una storia dura, che a tratti mi ha fatto innervosire. Avrei voluto poter entrare tra le pagine per cambiare un po’ le cose… ma alla fine la storia funziona così com’è anche se alla fine si arriva ad un punto che lascia senza fiato.
La Malnata è un personaggio che entra nelle pieghe della coscienza e che è destinato a restarci. È uno di quei personaggi di cui vorresti sapere di più, molto di più di quanto è concesso dal romanzo. È uno di quelli che restano cuciti addosso. 

Questo, per lo meno, è capitato a me.
Gran bel libro. Lo consiglio.
***
La malnata
Barbara Salvioni
Einaudi editore
pag. 248
17.50 copertina flessibile

lunedì 11 marzo 2024

Per questo mi chiamo Giovanni. Da un padre a un figlio il racconto della vita di Giovanni Falcone (L. Garlando)

  

Ecco uno di quei libri che, secondo il mio parere, andrebbero letti da tutti. E con tutti intendo proprio tutti: grandi e piccoli, lettori accaniti e non. Perché è con le parole più semplici che si riesce a far arrivare anche il messaggio più difficile e delicato. Perché chi riesce a farsi comprendere da un bambino ha la capacità di farsi capire da chiunque. 

Luigi Garlando riesce a fare proprio questo: parla di un argomento delicato, di una storia importante con parole semplici e intense. Non banali. Assolutamente. Semplici e dirette, quello sì.

La voce narrante è quella di un uomo, un padre, che si rivolge a suo figlio per trasmettergli un messaggio importante. Gli parla della mafia, dell'omertà, del coraggio. Lo fa raccontandogli la storia di colui al quale suo figlio Giovanni deve il nome: Giovanni Falcone. Il racconto non arriva per caso ma arriva in un momento particolare della vita del ragazzino. Ci sono alcune situazioni a scuola che rendono necessario un confronto di questo tipo. Un confronto delicato ma molto, molto intenso.

Parte così il racconto di un padre che percorre tutte le tappe che hanno caratterizzato la vita e l'impegno di Giovanni Falcone. Il piccolo Giovanni ascolta, è curioso, fa domande e sulle prime non riesce a capire perchè suo padre gli stia raccontando una storia del genere. Poi, però, capisce. E, con lui, anche il lettore capisce bene il perché sia arrivato il momento giusto e come l'insegnamento arrivato dalla vita di Giovanni Falcone sia così importante anche per un ragazzino di dieci anni.

Il dialogo tra padre e figlio caratterizza tutto il libro e, come ogni dialogo che avviene in modo efficace tra un adulto ed un ragazzino di quell'età, vengono usate parole semplici, paragoni, esempi per rendere al meglio tutto ciò che nella realtà è stato molto più difficile e violento.

Ho molto apprezzato questo libro e credo che ne comprerò diverse copie per farne dono a qualche mio nipotino e ne suggerirò la lettura anche ai miei figli. Perchè se è vero che sono più grandi di Giovanni, non lo sono di molto e devono conoscere certe dinamiche così come determinate situazioni. 

Arriva anche una sorpresa sul finale che, onestamente, non mi sarei mai aspettata. Sorpresa che assegna un valore aggiunto alla lettura e alla scelta dell'autore di raccontare in quel modo una storia così.

Si tratta di una lettura consigliata dagli otto anni ma non ci si deve far spaventare dal target di lettori a cui il libro è indirizzato: non si è mai troppo grandi per leggere storie così. 

Libro che consiglio caldamente. A tutti, senza limiti di età.
***
Per questo mi chiamo Giovanni. Da un padre a un figlio il racconto della vita di Giovanni Falcone
Luigi Garlando
Rizzoli editore
160 pag.
11,40 euro, Kindle unlimited

sabato 9 marzo 2024

Misery (S. King)

Non ho letto moltissimo di King e il nostro è stato, fino ad ora, un rapporto altalenante. Ho amato la tensione di cui sono intrisi i suoi romanzi ma non ho amato il suo attingere alla magia, a volte in modo fin troppo esagerato, tanto da rendere una storia più che inverosimile.
Fino a Misery. Ho trovato un'edizione molto vecchia del libro, con caratteri piuttosto piccini e la lettura è andata avanti più lentamente di quanto avessi immaginato ma questo non mi è dispiaciuto. Ho assaporato ogni riga, anche quelle più deliranti, quelle che mi hanno spiazzata e mi hanno mandata in confusione. E non è un difetto, questo, ma un grandissimo pregio vista la situazione narrata.


Paul Sheldon è uno scrittore di successo che, malauguratamente, ha un incidente stradale con la sua auto.
Ancor più malauguratamente viene soccorso da Annie, la sua fan numero uno. Una fan che non lo porta in ospedale malgrado abbia le gambe fratturate. Non chiama un’ambulanza. Non chiede aiuto. Anni lo porta di peso in casa sua dove lo accudisce a modo suo. 

Annie è pazza. E Paul se ne rende conto ogni giorno di più.
Quando Annie realizza conto che Paul ha concluso il suo ultimo romanzo della serie del personaggio Misery con la morte di lei, dimostra in modo alquanto singolare la sua contrarietà verso la scelta dell’autore.
Inizia un vero e proprio calvario per quell’uomo che viene torturato – fisicamente e psicologicamente – da quella donna piuttosto spostata di mente che pretende che Misery torni in vita. Per questo, lo scrittore viene segregato in una stanza (tra un letto e una sedia a rotelle) affinché riscriva la storia di Misery e non solo la faccia tornare in vita ma lo faccia in modo credibile. Altrimenti…

Stephen King riesce a tenere il lettore incollato alle pagine e lo fa creando una tensione crescente, entrando nella mente dei due protagonisti e rendendo alla perfezione le loro emozioni, i loro pensieri, le loro paure.

Sono due, di fatto, i libri che il lettore ha tra le mani: quello che racconta la storia di Paul e quello - seppur in frammenti - che racconta la storia di Misery.  Ed è la storia di quest'ultima a tenere in vita l'uomo che mai avrebbe potuto immaginare di trovarsi in una situazione come quella che si trova a vivere, tanto da arrivare a desiderare la morte pur di sottrarsi dalle grinfie di quella donna.
Pluriomicida, infermiera di mestiere, Annie alterna momenti di euforia ed anche tenerezza nei confronti di quell'uomo a follia allo stato puro, farcita di una freddezza che ritiene del tutto necessaria per compiere gesti che mai una persona sana di mente potrebbe mettere in atto.

Paul oramai lo sa ma non si rassegna, seppur nelle sue condizioni, nella sua segregazione e facendo i conti con un dolore lancinante, diventato oramai la sua compagnia quotidiana. 

Lotta, Paul, con tutte le sue forze. Lo fa con gli strumenti di cui dispone. Con il suo libro - si sente una specie di Scherazade del suo tempo - e non solo. King indaga nell'animo umano, presenta le contraddizioni che vive uno scrittore, la necessità (in questo caso tale è) di scrivere per sopravvivere ma anche la dimensione psicologica di chi ha delle evidenti turbe mentali, tali da rendere "la fan n. 1" come una spietata macchina di tortura e di morte.

King dimostra di essere - ma so che non serve che lo dica io - il re dell'alta tensione, del terrore allo stato puro. A livello psicologico oltre che fisico. Questo è il King che mi piace. Questo è il King che è capace di catturarmi.

Trovarmi nella condizione di anelare ad una riga in più pur di capire come si sviluppino le varie situazioni non mi capitava da tanto tempo. Sentire quasi sofferenza fisica per quanto stava accadendo a Paul... non mi capitava da tantissimo tempo. E credere di essere davanti ad una svolta per dover poi dire "...oh no!!!" bhè, anche questo non mi capitava da tempo.

Gran bel libro. Storia terribile ma gran bel libro.
***
Misery
Stephen King
vecchia edizione Euroclub
pag. 344

venerdì 1 marzo 2024

Una serata davvero speciale (J. Quinn)

Non che mi aspettassi un best seller... ma questo secondo volume della serie The Smythe-Smith Quartet parte con una lentezza disarmente, con una superficialità e banalità che, da sole, sarebbero bastate per abbandonare il libro e l'idea di continuare a leggere le avventure delle ragazze Smythe-Smith.

 

Testarda come sono, però, ho voluto andare avanti per capire quanto margine potesse esserci per un miglioramento...  

Protagonisti della storia sono Anne Wynter e Daniel Smythe-Smith. Li abbiamo incontrati entrambi - come tutti gli altri personaggi, a dire il vero - nel volume precedente. Lei fa l'istitutrice di tre fanciulle dell'alta società e lui... bhè, lui... "è" l'alta società nel senso che è conte d i Winstead tornato dopo un periodo di allontanamento forzato da casa. Anne nel volume precedente si è trovata a suonare il pianoforte nel corso di uno dei tanti concerti che le ragazze della famiglia tengono periodicamente e... quella stessa sera i due si sono incontrati senza che lui sapesse niente di lei.

Lei è bellissima e lui ne resta ammaliato... ma... c'è un ma. Anzi, forse più di uno. Lei non è chi dice di essere, ha un passato che torna a bussare alla porta.

Nella prima parte assistiamo ad un rincorrersi di situazioni nelle quali i due si vedono, si piacciono, si incontrano... e vengono raccontate situazioni che a mio parere avrebbero potuto essere evitate.

Nella seconda parte del libro arriva un po' di movimento ma, onestamente, non basta per annullare tutto il resto.

L'ambientazione storica mi piace. Lo stile dell'autrice è scorrevole, semplice, adatto anche a lettori (o meglio, lettrici) che non abbiano troppe pretese e vogliano solamente trascorrere qualche ora spensierata sognando storie d'amore d'altri tempi. Però sulle dinamiche della storia avrei parecchio da dire... tutto molto banale nella prima parte, un pochino meglio nella seconda.

Scontatissimo il lieto fine. Cosa che, mi par di capire, sia una caratteristica di questa serie. 

Se andrò avanti? Mha, non so... mi incuriosisce sapere cosa ne sarà delle altre ragazze della famiglia ma d'altro canto storie troppo scontate e banali, classici romanzetti d'amore nel mio caso vanno assunti a piccole, piccolissime dosi.

Per ora sto bene così ;-)

E poi, sinceramente, resterò con il dubbio in riferimento al titolo. A quale serata davvero speciale ci si riferisce? A quella dell'incontro all'inizio del libro? Oppure??? Bho, mica l'ho capito!
***
Una serata davvero speciale
Julia Quinn
Mondadori Editore
pag. 300
13.30 Euro copertina flessibile, 7.90 Kindle, Audible